FAI LA SCELTA GIUSTA

 Eliseo se ne tornò a Ghilgal. Nel paese c’era la carestia. Mentre i discepoli dei profeti stavano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: «Metti la pentola grande sul fuoco, e prepara una minestra per i discepoli dei profeti». Uno di questi andò fuori per i campi a cogliere erbe; trovò una specie di vite selvatica, ne colse i frutti, le colloquintide, e se ne riempì la veste; e al suo ritorno, li tagliò a pezzi e li mise nella pentola dov’era la minestra; ma non si sapeva che cosa fossero. Poi versarono la minestra a quegli uomini perché mangiassero; ma appena l’ebbero assaggiata, esclamarono: «Uomo di Dio, c’è la morte nella pentola!» E non ne poterono mangiare. Eliseo disse: «Ebbene, portatemi della farina!» La gettò nella pentola e disse: «Versatene a questa gente perché mangi». E non c’era più nulla di cattivo nella pentola.” (2 Re 4:38-41)

Il discepolo del profeta fu poco attento nel raccogliere le erbe,  non seppe scegliere, non separò le erbe giuste da quelle sbagliate, raccolse tutto, anche quelle che non erano buone, quelle che erano velenose e con queste erbe  preparò una minestra, ma in quella minestra c’era la morte.

Se facciamo scelte sbagliate incontreremo la morte e quando la morte arriva è indolore.

Sappiamo che Dio ci ha salvato dalla morte, siamo stati risuscitati in Cristo,“ in Efesini 2:5 è scritto “anche quando eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo voi siete salvati per grazia”. Paolo dice ai Colossesi al capitolo3 “Se dunque voi siete stati risuscitati cercate le cose di lassù.”

Ora che siamo stati risuscitati dobbiamo restare lontani dalla morte e scegliere per il Signore continuamente.

Siamo sicuri di fare le scelte giuste quando preghiamo, quando lo innalziamo, quando  lo lodiamo, quando lo ringraziamo, perché se Dio è il nostro punto di riferimento allora le nostre scelte saranno giuste, se invece siamo cristiani nominali, se la nostra confessione di fede è solo una confessione verbale, se sono solo parole, allora la nostra vita sarà come quella minestra, una vita amara che porterà inevitabilmente alla morte.

Gesù ha pregato per noi in Giovanni 17 e sicuramente Dio ha ascoltato la preghiera di Gesù, ma siamo noi a determinare il nostro cammino, dipende dai nostri pensieri, dal nostro comportamento, dalle nostre scelte.

Quest’uomo era un discepolo da tanti anni, era un uomo di Dio, seguiva Eliseo, ma non seppe scegliere.

Forse ci troviamo nella stessa condizione, magari abbiamo fatto scelte sbagliate e queste scelte ci hanno portato lontano dal Signore e questo non è successo perché Dio ci ha lasciato, Dio non abbandona mai nessuno, forse abbiamo permesso che la gelosia regnasse nei nostri cuori, abbiamo permesso al peccato di dominare la nostra vita e ora ci sentiamo meno zelanti, non sentiamo più la Sua presenza, la Sua guida, la Sua protezione, ci sentiamo abbandonati da Dio.

Cosa hanno fatto questi uomini quando hanno compreso che le erbe erano amare, che la minestra era avvelentata?

Loro hanno avuto il coraggio di andare davanti a Eliseo e chiedere aiuto ed Eliseo ha sanato la minestra.

E’ necessario andare dal Maestro e confessare il nostro peccato, chiedere perdono per i nostri errori e dire: ”Signore ho accettato compromessi, mi sono nutrito di cose sbagliate, nonostante lo Spirito Santo mi abbia detto di non farlo e, mentre gli altri pensano che  tutto va bene, io mi sento morire”.

Se, come i discepoli di Eliseo, abbiamo il coraggio di andare da Gesù, Egli risanerà la nostra vita.

Eliseo rispose: ”Portatemi della farina”. Portano la farina e Eliseo la buttò nella minestra.

La farina ci ricorda il pane e il pane è figura della Parola, se noi torniamo alla Parola di Dio, se ritorniamo ad ubbidire alla Parola possiamo risanare ciò che di amaro c’è nella nostra vita.

La Parola di Dio è l’unica nostra regola è una lampada ai nostri piedi che non ci permette di inciampare, una luce sul nostro sentiero che non ci permette di smarrirci, la Sua Parola è il limite entro cui dobbiamo restare, è il recinto entro cui siamo certi di trovare protezione.

Il fondatore dell’esercito della salvezza diceva : “Bisogna credere alle cose che diciamo di credere”.

I discepoli dei profeti erano ai piedi di Eliseo, pendevano dalle loro labbra di Eliseo, non solo ascoltavano, ma volevano praticare il consiglio di Eliseo, oggi questa Parola può restare solo una parola predicata, ma, se oltre ad essere una parola predicata è una parola praticata saremo beati, nel vangelo di troviamo scritto: “Beati quelli che osservano i suoi precetti, che lo cercano con tutto il cuore (Sl 119:2)

Ci sono veleni che uccidono immediatamente e ci sono veleni che uccidono lentamente,  radici di amarezze che lentamente spengano le nostra esistenza.

Ma questi discepoli erano vicino ad Eliseo e hanno ritrovato la via della vita, se noi siamo vicini al Signore, il Signore ci riporterà nelle sue vie.

Se noi lo vogliamo Gesù  può liberarci, può aiutarci, in Isaia 59:19 è scritto: “quando l’avversario verrà come una fiumana lo Spirito del Signore lo metterà in fuga.”

Quando ci fu la deportazione babilonese, Daniele e i suo amici furono portati nel palazzo del re e addestrati per svolgere compiti particolari.

I babilonesi li istruirono secondo la loro cultura e cambiarono i loro nomi, assegnarono loro dei nomi che inneggiavano i loro dei, tentarono di distruggere la loro identità e il loro passato, di cancellare le loro radici ebraiche, ma questi uomini rimasero fedeli a Dio, non vollero contaminarsi con i cibi del re, non accettarono compromessi, e un giorno si tovarono davanti a una scelta molto difficile, inchinarsi davanti ad una statua oppure morire in una fornace di fuoco, ma davanti a questa minaccia risposero: “Il nostro Dio, che noi serviamo, ha il potere di salvarci e ci libererà dal fuoco della fornace ardente e dalla tua mano, o re. Anche se questo non accadesse, sappi, o re, che comunque noi non serviremo i tuoi dei e non adoreremo la statua d’oro che tu hai fatto erigere.” (Daniele 3:17,18)

Anche nella vita di Giobbe possiamo vedere la stessa integrità.

Conosciuto proprio per i garndi momenti di dolore e di prova, Giobbe rimase fedele al Signore fino alla fine e,  anche quando sua moglie lo scoraggiò invitandolo a maledire Dio, Giobbe le rispose:”: “Tu parli da donna insensata! Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, rifiuteremmo di accettare il male?(Giobbe 2:10)

Sicuramente si attraversano momenti e situazioni che possono farci sentire scoraggiati, possono farci sentire il sapore delle erbe amare nelle nostre vite, ma il Signore ci inviterà sempre alla fede e all’ubbidienza, ci condurrà sempre a una nuova speranza.

Anche il profeta Elia un giorno fu scoraggiato perché temeva le minacce di Iezebel, una donna pagana e crudele che stava cercando di sviare il popolo di Dio, Elia si spaventò e scappò nel deserto, ma il Signore lo richiamò alla fede.

Dio vuole liberarci da ciò che ci amareggia, farci respirare aria fresca, ma l’aria fresca si trova al disopra delle nuvole

Eliseo fu un grande uomo di Dio, un uomo che aveva la doppia unzione, che fece tantissimi miracoli, sfamò centinaia di persone, guarì un lebbroso, aprì gli occhi al suo servo, ma dobbiamo ricordarci che in mezzo a noi c’è qualcuno che è piu grande di Eliseo qualcuno che è in grado di rialzare il nostro capo.

Se abbiamo fatto scelte sbagliate e ci troviamo a mangiare erbe amare, se c’è amarezza nei nostri cuori, Gesù non ci ha abbandonato, Lui non ha girato le spalle, quando Pietro lo ha rinnegato Gesù non lo ha abbandonato al suo tradimento, ma lo ha incontrato, Pietro ha potuto rivedere negli occhi di Gesù il Suo perdono, ha potuto scorgere lo stesso amore e la stessa misericordia.

Dio vuole risanare ogni minestra amara.

Per risanare quella  minestra Eliseo ebbe bisogno della farina, noi, abbiamo bisogno di Cristo, il pane disceso dal cielo, abbiamo bisogno di quel pane di vita, di Colui che può risanare ogni radice di amarezza.

Un giorno Dio ha fatto una scelta, Lui ha scelto la Chiesa per essere una luce in mezzo ad una generazione che va sempre più alla deriva e per questo ognuno che sa di essere Chiesa ha una grande responsabilità: fare la scelta giusta e stare attenti alle erbe amare.

Past. Alessandro Occhipinti

N/A

IL CORAGGIO DI CONFESSARE

Durante l’attentato al presidente Reagan l’assassino sparò sette colpi in un secondo, tutti i presenti, per istinto di protezione, si gettarono a terra e rimasero rannicchiati, tutti tranne una persona, l’agente Mac Carthy, lui rimase in piedi, distese le sue braccia davanti al Presidente assumendo la posizione dell’aquila quando plana e una pallottola perforò il suo stomaco, anche il presidente fu colpito da una pallottola, ma grazie a Mac Carty schivò colpi che sarebbe stati fatali e fu salvo.

Duemila anni fa Gesù ha aperto le sue braccia per salvarci, ha preso lui i colpi perché noi fossimo salvi, si è lanciato su di noi come un’aquila e ci ha salvati.

Lui ha avuto il coraggio di morire per noi mentre noi eravamo peccatori, mentre eravamo bestemmiatori, maldicenti, cattivi, Lui non si è lavato le mani come aveva fatto Pilato, ma ha lavato i piedi ai suoi discepoli;  lavare i piedi significa assumersi la responsabilità di fare qualcosa che non è dovuto, Gesù non aveva la responsabilità di  lavare i piedi, non gli competeva, questo era il compito che spettava al servo, ma lui lo ha fatto.

Nella Bibbia esistono due parole per definire la potenza: diunamis che indica la potenza per fare cose straordinarie, e exousia che indica invece la potenza di non fare le cose che potremmo fare, exousia è la capacità di trattenersi.

Quando Gesù morì avrebbe potuto chiamare 12 legioni di angeli, 72.000,00 angeli per scendere dalla croce, per evitare quello strazio, ma non lo fece, Lui ebbe la capacità di non farlo, Gesù esercitò la Sua exusia.

Abbiamo bisogno di questa potenza per avere la forza di non peccare.

La Bibbia ci invita a comportiamoci da uomini, ad agire come veri uomini “Comportatevi virilmente, vegliate state fermi nella fede”(I Corinzi 16:13) è un invito ad  avere il coraggio di dire no ai compromessi.

Negli anni “60 Martin Luther King fu incarcerato per avere intrapreso la lotta per i diritti umani in America e, mentre si trovava in carcere, scrisse una lettera ai pastori della città che non erano di colore, il testo recitava: “Voi ve ne state in silenzio e vi lavate le mani, dovreste invece prendere una posizione e dire effettivamente quello che Gesù direbbe.”

A volte davanti alla corruzione facciamo silenzio, abbiamo paura di affrontare le situazioni ed entriamo nel relativismo morale.

Un giorno Davide era nascosto in una grotta per sfuggire a Saul che voleva ucciderlo, Saul ignaro entrò in quella grotta per fare i suoi bisogni, così Davide ebbe la grande occasione di uccidere Saul, lui poteva farlo, ma grazie alla potenza di Dio Davide ebbe il coraggio di non farlo, lui esercitò la exousia.

Abbiamo tante opportunità nella vita per compromettere la nostra integrità cristiana, ma dobbiamo manifestare il coraggio per scegliere di non fare ciò che è sbagliato, a costo della nostra stessa vita, per questo coraggio i 12 discepoli morirono tutti martiri, tutti tranne uno solo Giovanni che morì sull’isola di Patmos, dopo che l’avevano torturato a morte.

In Luca capitolo 7 c’è una la storia di una donna che mostrò un gande coraggio, si trattava di una donna che desiderava incontrare Gesù, lei era una prostituta ed ebbe il coraggio eccezionale di presentarsi in quella casa, la casa di un fariseo, sapendo che sarebbe stata giudicata, disprezzata e cacciata, ma questa donna era pronta a rischiare, a lei non interessava niente tranne andare da Gesù e confessare i suoi peccati.

Lei si sedette ai Suoi piedi e ruppe il suo vaso di alabastro pieno di olio profumato, un olio che valeva quanto lo stipendio annuale di un operaio.

Quel vaso di alabastro era la sua identità, il suo lavoro, il tuo sex appeal, quel vaso era il suo passato, ma ora che era stato rotto quel vaso rappresentava le sue nuove speranze, il suo futuro.

Rompere quel vaso di alabastro significava rompere quello che era di più prezioso per lei, quello che aveva di più caro, significava offrire a Gesù il suo presente il suo passato il suo futuro.

Dovremmo chiederci qual è la cosa più preziosa che abbiamo e se siamo pronti  metterla davanti a al Signore.

Forse la cosa più preziosa potrebbe essere nostra moglie o nostro marito, oppure i nostri figli, oppure la cosa più preziosa che abbiamo è il nostro stipendio, il nostro lavoro, o forse il nostro un pacchetto di sigarette.

Comportatevi virilmente” e ci vuole coraggio per rinunciare a ciò che è prezioso.

Ci vuole coraggio a fare quello che ha fatto questa donna: confessare i propri peccati, la confessione ci rende vulnerabili, sappiamo che ci sono uomini con lo spirito farisaico, sempre pronti a mormorare e a giudicare, gente che sa solo puntare il dito accusatorio e guardare alle debolezze, Gesù invece vede in noi l’immagine di Dio, vede in noi la Sua opera.

L’adultera si trovata in flagrante adulterio, secondo la legge doveva essere uccisa, lapidata e tutti erano pronti a farlo, ma quando Gesù l’ha guardata non ha visto ciò che lei era, ma ciò che sarebbe diventata.

Zaccheo salì sul sicomoro per vedere Gesù, era un pubblicano, un ladro, ma quando Gesù lo vide non lo accusò di furto, ma Zaccheo confessò.

Anche il ladrone sulla croce confessò e ricevette la promessa del cielo.

Tante volte preferiamo giustificare i nostri peccati giustificandolo per il nostro passato, per le umiliazioni subite, i torti ricevuti, ma non serve, dobbiamo invece avere il coraggio di confessare, di  appoggiarci alla grazia di Dio, perché Gesù è l’unico che può riconciliarci con il nostro passato.

Martin Lutero una volta si ritirò per confessare i suoi peccati, si chiuse nella sua cameretta e uscì dopo sei ore.

La nostra confessione non può essere una confessione vaga di soli pochi secondi perché il senso di perdono che ne deriverebbe  sarebbe altrettanto vago.

La confessione è sempre legata alla professione di fede, perché quando c’è confessione c’è perdono e quando c’è perdono c’è professione di fede.

Pietro aveva rinnegato Gesù ben tre volte, ma qualche settimana dopo, quando scese lo Spirito Santo, Pietro professò pubblicamente la sua fede senza paura, sfidando le minacce dei religiosi, aveva ricevuto la potenza dello Spirito Santo, sulla sua vita ora c’era la exousia per non rinnegare, per non nascondersi e c’era la diunamis per predicare con potenza.

Se siamo credenti sulla nostra vita c’è la stessa capacità, la stessa potenza per comportarci virilmente, per vegliare stando fermi nella fede”

Past. Paolo Mauriello

N/A

FORTIFICATI NEL SIGNORE

Un giorno mentre Davide e i suoi uomini stavano rientrando a Siclag videro del fumo salire dal loro accampamento, il loro cuore tremò e quando si avvicinarono scoprirono una grande tragedia […..]gli Amalechiti avevano fatto una scorreria verso la regione meridionale e verso Siclag; avevano preso Siclag e l’avevano incendiata;  avevano fatto prigionieri le donne e tutti quelli che vi si trovavano, piccoli e grandi; non avevano ucciso nessuno, ma avevano portato via tutti e se n’erano tornati da dove erano venuti. Quando Davide e la sua gente giunsero alla città, essa era distrutta dal fuoco e le loro mogli, i loro figli e le loro figlie erano stati condotti via prigionieri. Allora Davide e tutti quelli che erano con lui alzarono la voce e piansero, finché non ebbero più forza di piangere. [….]Davide fu grandemente angosciato: la gente parlava di lapidarlo, perché tutti erano amareggiati a motivo dei loro figli e delle loro figlie; ma Davide si fortificò nel Signore, nel suo Dio. Davide disse al sacerdote Abiatar, figlio di Aimelec: «Ti prego, portami qua l’efod». Abiatar portò l’efod a Davide. E Davide consultò il Signore, dicendo: «Devo inseguire questa banda di predoni? La raggiungerò?» Il Signore rispose: «Inseguila, poiché certamente la raggiungerai e potrai ricuperare ogni cosa.”(1Samuele 30:1,2,3,4,6,7,8)

Fu una grande sciagura, le moglie e i figli erano stati portati via, Davide e tutti gli uomini che erano con lui piansero fino a non avere più forza, l’angoscia aveva catturato il loro cuore e l’angoscia produce sempre irritabilità, gli uomini in preda all’ira volevano lapidare Davide ritenendolo responsabile dell’accaduto, ma Davide reagì in modo diverso, la Scrittura dice che lui si fortificò nel Signore.

Lo scoraggiamento è un arma letale, non ci fa vedere la via d’uscita, può abbatterci fino al punto di non saperci più rialzare. Il diavolo cercherà sempre di scoraggiare e purtroppo a volte lo fa attraverso le persone.

Davide non aveva solo perso la sua famiglia ma, in quel momento si trovò davanti 600 uomini infuriati contro di lui.

Avrebbe potuto scoraggiarsi? Si, ma lui decise di fortificarsi nel Signore.

Fortificarsi significa prendere forza, coraggio, ma nella sua radice ebraica questo termine indica legarsi, fissarsi su qualcosa o qualcuno. Davide si stava fissando sul Signore, in quella situazione così difficile avrebbe potuto abbattersi, perdere il controllo, ma lui sapeva che aveva bisogno di incoraggiare se’ stesso, di fortificarsi.

La Scrittura  dice che la prima cosa che Davide fece fu chiedere al sacerdote di portargli l’efod per consultare il Signore poi domandò a Dio «Devo inseguire questa banda di predoni? La raggiungerò?» Il Signore rispose: «Inseguila, poiché certamente la raggiungerai e potrai ricuperare ogni cosa”

Dio continuerà sempre ad incoraggiarci all’azione, ci incoraggerà sempre ad andare avanti, ad alzarci dalla nostra condizione, a combattere e a credere nella vittoria, lui è lo stesso non cambia.

Davide non ha cercato di incoraggiare gli altri perché ha compreso che, come gli altri, aveva necessità di invocare il Signore; serve a poco incoraggiare gli altri mentre siamo noi stessi in una condizione di scoraggiamento.

Il Signore ci spingerà a incoraggiare gli altri solo quando noi siamo forti, perché non tutti riescono a fortificarsi senza l’aiuto di qualcun’altro.

Mosè per esempio fu chiamato da Dio a fortificare Giosuè: “Giosuè, figlio di Nun, che ti serve, vi entrerà; fortificalo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese”. (Deuteronomio1:38), e Mosè fortificò Giosuè, lo incoraggiò ricordargli le vittorie, ricordargli le strategie di guerra, ricordargli la fedeltà di Dio e la Sua potenza.

Anche nel nuovo testamento troviamo l’invito dell’apostolo Paolo a consolarci reciprocamente: “Del resto, fratelli, rallegratevi, ricercate la perfezione, siate consolati, abbiate un medesimo sentimento, vivete in pace; e il Dio d’amore e di pace sarà con voi”. (2Corinzi 1311)

Sicuramente essere forti dipende anche da ciò che si ascolta.

Nella Bibbia abbiamo la storia di Gedeone, un uomo che desiderava vedere la gloria di Dio e mentre lavorava invocava il Signore per la liberazione del suo paese dall’oppressione dei madianiti.

Dio un giorno lo chiamò e gli disse di prepararsi perché lui stesso avrebbe liberato il paese, ma Gedeone aveva paura, si sentiva impreparato, insufficiente, Dio allora lo inviò nell’accampamento nemico perché potesse udire qualcosa di interessante, qualcosa che avrebbe incoraggiato la sua impresa: ” […..] «Alzati, piomba sull’accampamento, perché io l’ho messo nelle tue mani. Ma se hai paura di farlo, scendi con Pura, tuo servo,  e udrai quello che dicono; e, dopo questo, le tue mani saranno fortificate per piombare sull’accampamento». [……] Quando Gedeone arrivò, un uomo stava raccontando un sogno a un suo compagno e gli diceva: «Ho fatto un sogno. C’era un pane tondo, d’orzo, che rotolava nell’accampamento di Madian, giungeva alla tenda, la investiva, in modo da farla cadere, da rovesciarla, da lasciarla per terra». Il suo compagno gli rispose e gli disse: «Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di Ioas, uomo d’Israele; Dio ha messo nelle sue mani Madian e tutto l’accampamento». Quando Gedeone ebbe udito il racconto del sogno e la sua interpretazione, adorò Dio; poi tornò all’accampamento d’Israele e disse: «Alzatevi, perché il Signore ha messo nelle vostre mani l’accampamento di Madian!» (Giudici 7:9,10,11,13,14,15)

Quello che noi udiamo ci influenzerà comunque, ci potrà rendere più forti o ci potrà rendere più deboli.

Quando lo Spirito Santo scese sui 120 questi uomini furono trasformati dalla potenza di Dio.

Fin a quel momento, in diverse occasioni, Pietro aveva mostrato paura, ma dopo l’esperienza della pentecoste, diventò un uomo di coraggio, un uomo d’azione, predicò con franchezza davanti a centinaia di persone senza paura e 3.000 presenti si convertirono al Vangelo.

Ma ciò che fu straordinario in quel giorno non fu soltanto il numero elevato di conversioni, ma il cambiamento radicale che si manifestò: i neofiti abbandonarono immediatamente e completamente il vecchio modello di vita, per vivere la nuova vita in Cristo.

Prima di allora questi uomini erano stati dei religiosi, pii ebrei, andavano a Gerusalemme tre volte l’anno, frequentavano la sinagoga, praticavano i rituali, ma dopo quell’esperienza, improvvisamente iniziarono a vivere uno stile di vita diverso, senza più formalismi, senza ipocrisie, senza apparenza, senza paure.

Chi è rigenerato esce fuori dai vecchi schemi, fuori dal ritualismo, fuori da ogni forma di superficialità, per vivere una vita di coraggio.

Atti 2:42  ci descrive la vita di questi uomini: “Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere.”

E’ necessario che cresciamo in forza e in coraggio essendo perseveranti nella comunione, nell’insegnamento e nella preghiera, per non essere più bambini: “Infatti, mentre a quest’ora dovreste essere maestri, avete di nuovo bisogno che vi s’insegnino i primi elementi degli oracoli di Dio, e siete giunti al punto di aver bisogno di latte e non di cibo solido.” (Ebrei 5:12)

Davide il cui nome significa amato, preferito, fu l’unto del Signore, ma nonostante unto, amato e favorito non fu esonerato dai momenti difficili perché le difficoltà sono inventabili per tutti , ma in questa storia lui ci insegna che nei momenti difficili è possibile restare calmi senza precipitare nello scoraggiamento e nell’irritabilità, è  possibile fortificarsi nel Signore e nella sua forza, l’apostolo Paolo scriverà nel nuovo testamento: ”Per ultima cosa voglio ricordarvi che dovete prendere forza dal Signore, dalla Sua potenza straordinaria.” (Efesini 6:10 versione la Parola è vita).

Persone che hanno bisogno di fortificarsi nel Signore e persone che incoraggiano gli altri e, ma possiamo dire, senza ombra di dubbio, che la Chiesa è il luogo dove non mancherà mai l’aiuto e la consolazione, ed è anche il luogo dove potremo sicuramente udire quella parola capace di fortificarci e rialzarci.

Allora il consiglio della Parola è: fortifichiamoci nel Signore, aiutiamo gli altri a fortificarsi e stiamo attenti a ciò che udiamo.

 

                                                                                                           Emanuele Campo e Pastore della CEBA CHURCH di Busto Arsizio VA. Ha conseguito il Bachelor in Studi Religiosi della University of Wales presso la Facoltà Pentecostale di scienze religiose in Bellizzi (SA). Ha collaborato con una missione interdenominazionale dal 1987 al 1998 acquisendo una formazione evangelistica. 

N/A

MANTIENI LA TUA POSIZIONE

Il popolo di Israele fu schiavo del faraone per quattrocento anni, ma Dio udì il loro grido e scese a liberarli.

Il Signore fece grandi prodigi, quella notte un agnello fu immolato e Israele usci dall’Egitto a testa alta, iniziò il grande esodo verso una destinazione certa: il buon paese e dopo 40 anni vi entrarono.

Dio aveva mantenuto le Sue promesse!.

Ma l’ordine di Dio era drastico: “Quando l’Eterno, il tuo DIO, ti avrà introdotto nel paese in cui entri per prenderne possesso, e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Hittei, i Ghirgasei, gli Amorei, i Cananei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, e quando l’Eterno, il tuo DIO, le avrà date in tuo potere tu le sconfiggerai e le voterai al completo sterminio; non farai con esse alleanza, né userai con loro alcuna misericordia. [……]Ma con loro vi comporterete così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro colonne sacre, abbatterete i loro Ascerim e darete alle fiamme le loro immagini scolpite. Poiché tu sei un popolo consacrato all’Eterno, il tuo DIO; l’Eterno, il tuo DIO, ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra.” (Deuteronomio 7:1,2,5,6)

Israele doveva assolutamente eliminare tutti i popoli che abitavano il paese, erano popoli malvagi, gente senza legge, senza scrupoli, capace di far passare il loro figli per il fuoco per offrirli ai loro dei, era necessario distruggere tutte le loro pratiche idolatre, le colonne sacre e ogni idolo.

Finalmente Israele prende possesso del paese, ma in un momento inaspettato i vecchi nemici che erano già stati vinti si ripresentarono, proprio come fantasmi del passato.

 La terra promessa è per noi figura della nuova vita che Cristo ha realizzato in noi, una vita di libertà e di autorità.

La Bibbia dice che la nostra posizione è elevata, siamo seduti nei luoghi celesti in Cristo:Ma Dio […..]ci ha vivificati con Cristo, e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù, per mostrare nelle età che verranno le eccellenti ricchezze della sua grazia .” (Efesini 2:4-7)

E’ una posizione che Gesù ha conquistato per noi, è già nostra, non dobbiamo fare nessuno sforzo per occuparla, ma sicuramente dobbiamo fare ogni sforzo per rimanere in essa, perché i vecchi nemici possono ripresentarsi per tentare di derubarci di ciò che Dio ci ha dato, così come è accaduto per il popolo di Israele.

Uno di questi fu Gerico, una città rasa al suolo dagli Israeliti, grazie all’intervento di Dio, ma che ricomparirà qualche secolo dopo, in tutta la sua forza.

Era una fortezza inespugnabile, una città antica.

Gli abitanti di Gerico furono i primi ad usare i carri di battaglie, si ritenevano forti, capaci, autosufficienti; praticavano il culto alla luna e, con i cambiamenti delle fasi lunatiche, auspicavano cambiamenti di vita, le fasi di luna piena venivano interpretate come tempi di rinascita.

Si potrebbe pensare che le famose mura, alte 3 metri, siano state edificate dagli abitanti di Gerico esclusivamente per proteggere la città, ma, anche se apparentemente potevano considerarsi fortezze di protezione, in realtà testimoniavano della loro arroganza, della loro indipendenza, erano vere e proprie fortezze di orgoglio.

Dio guidò Israele ad affrontare questo popolo pagano, fu la prima grande battaglia per Israele che con una grande strategia riportò la vittoria, le mura crollarono e Dio pronunciò una maledizione sulla città di Gerico: “Sia maledetto, davanti al SIGNORE, l’uomo che si alzerà a ricostruire questa città di Gerico! Egli ne getterà le fondamenta sul suo primogenito, e ne rizzerà le porte sul più giovane dei suoi figli”(Giosue’ 6:26).

Ma al tempo di Acab un uomo ricostruirì le fondamenta e la maledizione si avverò: “ Al tempo di lui, Acab) Chiel, di Betel, ricostruì Gerico; ne gettò le fondamenta su Abiram, suo primogenito, e ne rizzò le porte su Segub, il più giovane dei suoi figli, secondo la parola che il Signore aveva pronunciata per bocca di Giosuè, figlio di Nun.” (1Re16:34)

Gerico potrebbe essere quel fantasma che ritorna nella nostra vita, quel passato che si ripresenta, la vecchia attitudine  riedificata nei nostri cuori che manifesta orgoglio e indipendenza.

Un altro fantasma del passato per gli israeliti furono i filistei, un popolo considerato una spina nel fianco, definiti con disprezzo incirconcisi.

I filistei ritornarono per muovere guerra a Israele e furono molto astuti, progettarono una strategia di guerra vincente:“I Filistei si radunarono per combattere contro Israele; avevano trentamila carri, seimila cavalieri e gente numerosa come la sabbia che è sulla riva del mare. Salirono dunque e si accamparono a Micmas, a oriente di Bet-Aven. [….]Allora in tutto il paese d’Israele non si trovava un fabbro; poiché i Filistei avevano detto: «Impediamo agli Ebrei di fabbricarsi spade o lance». […..]Così nel giorno della battaglia avvenne che in mano a tutta la gente che era con Saul e con Gionatan non si trovava né una spada né una lancia; se ne trovava soltanto in mano di Saul e di Gionatan suo figlio.” (1Samuele 13:5,19,22)

Non si trovavano spade né lance, Israele fu privata dell’unica possibilità di difesa.

La srategia oggi è la stessa: privarci delle armi che Dio ci ha dato, l’Apostolo Paolo in Efesini 6:17 afferma che la Parola di Dio è la spada dello Spirito, impedirci di leggere la Parola significa rischiare di essere esposti a infamia.

Una delle prime vittorie di Davide fu contro il gigante Goliath, con una fionda e 5 pietre lo uccise (1Samuele 17), ma, qualche anno dopo, altri 4 giganti si ripresentano e Davide e i suoi guerrieri dovettero affrontarli, uno di questi era mostruoso: ”Ci fu ancora una battaglia a Gat, dove si trovò un uomo di grande statura, che aveva sei dita per ciascuna mano e per ciascun piede, in tutto ventiquattro dita. Anch’egli era dei discendenti di Rafa”. (1Cr 20:6)

Un gigante con sei dita per ogni piedi che simboleggiano la stabilità e sei dita in ogni mano che simboleggiano l’abilità, caratteristiche capaci di far dimenticare a Davide la sua posizione di re, una posizione di grande autorità.

Quante volte la vita ci costringe ad affrontare situazioni ai nostri occhi mostruose e dimentichiamo che siamo in posizione di autorità, siamo seduti nei luoghi celesti in Cristo, facilmente ci scoraggiamo e pensiamo di non essere capaci di gestire gli eventi, di non avere abilità, o di aver perso la stabilità, ma noi abbiamo ricevuto lo Spirito di Dio, abbiamo la Sua unzione.

Gerico, i filistei, i giganti sono i vecchi nemici che ritornano.

Ma le fortezze di orgoglio sono già caduti davanti ai nostri occhi, i giganti che ci rendevano instabili e insicuri sono stati abbattuti, i nemici che volevano disarmarci sono stati messi in fuga, le cose vecchie sono passate e alla croce un Agnello è stato immolato affinché oggi potessimo essere seduti nei luoghi celesti in Cristo ed esercitare l’autorità sul quel passato che ritorna, su quel passato che vuole derubarci della nuova vita in Cristo, sul quel passato che non ci appartiene più.

                                                                                                            Emanuele Campo e Pastore della CEBA CHURCH di Busto Arsizio VA. Ha conseguito il Bachelor in Studi Religiosi della University of Wales presso la Facoltà Pentecostale di scienze religiose in Bellizzi (SA). Ha collaborato con una missione interdenominazionale dal 1987 al 1998 acquisendo una formazione evangelistica. 

N/A

TU AVRAI QUALUNQUE COSA CONFESSERAI

Quando Dio parla, crea: “Dio disse: Sia luce! E luce fu”. (Genesi 1:3)

“Poi Dio disse: «Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque». [……] E così fu.” (Genesi 1:6,7) 

“Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, […..] Dio creò l’uomo a sua immagine.” (Genesi 1:26,27) 

Dio parlò e le cose furono create, questo fu il metodo, questo fu il criterio che Dio utilizzò per creare ogni cosa: la Sua Parola.

Noi sappiamo che siamo stati creati a immagine di Dio, gli assomigliamo, possiamo agire come Lui agisce, possiamo parlare e, con le  nostre parole, creare.

L’apostolo Paolo scriveva ai Corinti: “Siccome abbiamo lo stesso spirito di fede, che è espresso in questa parola della Scrittura: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo, perciò parliamo” (2 corinzi 4:13)

Credere e parlare, tutto inizia da ciò che crediamo e che esce dalla nostra bocca.

C’è potere nelle nostre parole!

In Proverbi 18:21 leggiamo: “Morte e vita sono in potere della lingua”

Non ci sono parole neutrali, quando noi parliamo parleremo morte o parleremo vita, questo significa che la nostra parola costruirà oppure distruggerà, ogni cosa che diciamo ha una conseguenza: costruire o distruggere.

Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato, e in base alle tue parole sarai condannato”. (Matteo 12:36,37)

La parola oziosa non è una parola peccaminosa o sbagliata, ma è una parola vana, non buona, una parola che non porta alcun profitto.

La Scrittura dice che noi saremo giudicati per le parole oziose, probabilmente perché le parole hanno il potere di influenzare chi le ascolta.

Vita e distruzione dipendono da ciò che diciamo, sono in potere della nostra lingua.

A volte proclamiamo parole distruttive: “sono povero, finisco sempre male, i miei figli non impareranno mai, quest’uomo non si convertirà mai”. Perfino la nostra stsssa preghiera tante volte viene distrutta dalla nostra bocca, prima preghiamo “Signore aiutami”, poi uscendo dalla nostra cameretta di preghiera confessiamo distruzione. “Per il frutto delle sue labbra uno gode del bene,[….]. Chi sorveglia la sua bocca preserva la propria vita; chi apre troppo le labbra va incontro alla rovina”. (Proverbi 13:2-3)

Dobbiamo cambiare il nostro modo di parlare, alcune volte dobbiamo fare silenzio, restare zitti.

La nostra parola di oggi creerà il nostro domani.

La Bibbia dice che noi avremo qualunque cosa confessiamo: “Gesù rispose e disse loro:“Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico che chi dirà a questo monte: “Togliti di là e gettati nel mare”, se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto”. (Marco 11:22-23)

Un mio amico ha un figlio, quando era più piccolo era molto vivace, aveva problemi a scuola, non studiava, era ribelle  e l’insegnante aveva più volte manifestato il suo dissenso ai genitori.

Un giorno il mio amico e sua moglie ascoltarono un messaggio sul modo di parlare e cosi decisero di seguire il consiglio della Parola, si strinsero le mani e dichiararono: “Da questo giorno noi non parleremo più in modo distruttivo a nostro figlio”

Ogni volta che il bambino si rifiutava di studiare, anziché rimproverarlo, lo incoraggiavano: ”Non preoccuparti, tu sei intelligente, vedrai che  riuscirai, tu ce la puoi fare, avrai buoni voti, per te sarà facile”.

Sappiamo che ogni uomo inizia ad avere una percezione di se’ in base a quello che ascolta di se’ da parte degli altri, questo proprio perchè c’è un principio spirituale che afferma che nelle parole c’è potere.

Qualcosa cominciò a cambiare nel cuore di questo bambino e, un anno dopo, divenne il più bravo della sua classe.

Ciò che cambiò tutta la situazione fu il modo in cui i genitori parlarono al loro figlio.

Noi  come Chiesa abbiamo il potere di cambiare l’ambiente intorno a noi perché abbiamo Dio dalla nostra parte e niente è impossibile.

In Svezia c’è una piccola città, che si chiama Gnupen conosciuta da tutti perché negli anni “30, quando ci fu un risveglio spirituale, questa città fu benedetta economicamente, in poco tempo si svilupparono diverse attività commerciali, non c’era nessuno che non lavorasse.

A Uppsala invece, dove io vivevo, c’era povertà e il mio pastore, quando pregava per l’economia della città, dichiarava davanti a tutta l’assemblea:” Uppsala diventerà la nuova Gnupen”. Non era molto facile credere in un cambiamento economico perché lamia città mancava di attività economiche, l’80% degli abitanti erano studenti universitari.

Ma il cambiamento avvenne: la città cominciò a espandersi economicamente in modo impressionante, non si erano mai viste tante attività economiche, ma ciò che fu sorprendente per noi fu il titolo di un articolo che un giorno leggemmo su un giornale locale, che così recitava: “Uppsala è diventata la nuova Gnupen”

Con Dio possiamo sognare, possiamo desiderare di vedere le grandi opere Sue, possiamo perseguire grandi obiettivi, naturalmente obiettivi che edificano  la vita spirituale, se solo li crediamo e li confessiamo con la nostra bocca.

“[….]se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati “ (Ro 10:9,10)

La parola salvezza in greco è sōzō e il suo significato è: salvato, guarito, liberato, ristorato e completo.

E’ la nostra parola che ci ha reso salvi, quando noi abbiamo confessato siamo stati salvati.

Quando era ancora giovane avevo un grande desiderio nel mio cuore: predicare nelle grandi assemblee.

Un giorno un mio amico mi chiese “Quali sono i tuoi obiettivi? Io risposi: “Io predicherò in una Chiesa grandissima.”

La sua risposta fu: ”Ma chi credi di essere?”

Tempo dopo fui invitato in una Chiesa a predicare, quando giunsi sul posto vidi una grande tenda, e quando salii sul pulpito vidi davanti a me una grande folla di credenti. Stavo predicando a di 40.000 persone.

E’ necessario continuare a credere e a confessare fino a quando potremo vedere l’adempimento delle promesse di Dio.

“Cantino e si rallegrino quelli che si compiacciono della mia giustizia, e possano sempre dire: «Glorificato sia il Signore che vuole la pace del suo servo!”(Salmo 35:27) 

Dobbiamo “sempre dire” se vogliamo compiacerci della giustizia di Dio.

Non si tratta di fare una confessione scritta da recitare tante volte al giorno, non è neanche ripetere una confessione e poi dichiararne altre, ma è cambiare radicalmente il nostro modo di pensare, parlare di  benedizione, avere una confessione continua, una certezza nei nostri cuori, un’aspettativa viva.

Il diavolo naturalmente cercherà di rubare la nostra fede, di spegnere la nostra confessione di fede, lui conosce il potere della parola per questo ci spingerà a dichiarare parole distruttive, parole che uccidono.

E’ un combattimento che possiamo vincere solo se restiamo fermi, solo se manteniamo ferma la nostra confessione come è scritto in Ebrei 10:23-4:14:  “Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo”.Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse”.

………così avremo qualunque cosa confesseremo!

Past. Thomas Jhonson

N/A

COM’È LA TUA VESTE

Nel nuovo testamento troviamo la storia di uno sposo che entrando nella sala delle nozze nota un invitato che non ha l’abito adatto: “Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. E gli disse: “Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?” E costui rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: “Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridore dei denti “ (Mt 22:11-13)

Senza le vesti bianche non entreremo nel Regno di Dio, non saremo ricevuti, solo chi ha vesti candide entrerà alla presenza di Dio.

L’Apostolo Giovanni riceve la rivelazione, Lui vede il trono di Dio e davanti al trono una grande folla di redenti vestiti con vesti bianche: “Dopo queste cose vidi una grande folla che nessuno poteva contare, di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue; questi stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, coperti di vesti bianche e avevano delle palme nelle mani. […..] Poi uno degli anziani si rivolse a me, dicendo: «Chi sono costoro che sono coperti di bianche vesti, e da dove sono venuti?». Ed io gli dissi: «Signore mio, tu lo sai». Egli allora mi disse: «Costoro sono quelli che sono venuti dalla grande tribolazione, e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello. Per questo essi sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio […]”. (Ap7:9-15)

In questo testo si parla di vesti, è naturalmente un linguaggio figurativo, simbolico, perché quello che viene purificato è chiaramente la nostra anima.

Le macchie dell’anima sono dei veri e propri pesi che gravano sulla nostra vita, che rubano la nostra gioia, sono come ombre che nascondono la luce e la speranza in Cristo, carichi che fanno perdere la consapevolezza della Sua presenza, che ci rendono insensibili e ci  fanno perdere interesse per il Regno.

Noi possiamo anche fingere, indossare un bellissimo abito religioso, essere vestiti elegantemente, apparire ben puliti, ma nelle nostre parti più nascoste continuare ad essere sporchi; sicuramente un vestito può nascondere bene realtà non piacevoli e tante volte riusciamo anche a ingannare gli altri, ma Apocalisse19:12 afferma che Gesù ha gli occhi che sono una fiamma di fuoco, questo vuol dire che il Suo sguardo va aldilà dell’apparenza, penetra nel profondo, nel segreto del cuore e brucia ciò che non è conforme alla Sua volontà.

Siamo nudi davanti a Dio!

Al tempo dei giudici il popolo indossava abiti di apparenza, si vantava di essere santo, di essere giusto, ma Isaia denunciò la loro falsità affermando che la loro giustizia era distorta, era sporca: ”Tutti quanti siamo diventati come l’uomo impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco”.(Isaia 64:6), il popolo però continuava a rifiutare l’aiuto di Dio: “Ho steso tutto il giorno le mani verso un popolo ribelle, che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri; [….]; che dice: “Fatti in là, non ti avvicinare perché io sono più santo di te”.(Isaia 5:2,5)

Dobbiamo lasciare a Dio la possibilità di aiutarci.

Sicuramente potrebbe anche succedere che le macchie dei nostri vestiti non siano visibili ai nostri occhi perché alcune macchie, a volte  sebbene siano state ripulite  lasciano comunque un alone, per esempio quelle di un rossetto, oppure il sangue.

Ma la volontà di Dio è rendere perfettamente bianche le nostre vesti, per questo ha provveduto l’espiazione dei nostri peccati.

Il termine espiazione, nell’antico testamento, significa riparare un errore, mettere a posto qualcosa che è fuori posto, ripristinare.

Quando si commetteva un peccato il colpevole doveva pagare, cioè compiere un atto di riparazione.

Il sangue di Cristo ha riparato tutti i danni che abbiamo fatto, espiato tuti i nostri peccati e ristabilito pienamente la nostra vita, Gesù rende completamente bianca la nostra anima, senza lasciare nessuna traccia, nessun alone e davanti a Dio diventiamo completamente puri.

Nell’antico testamento l’organizzazione di un matrimonio prevedeva che fossero gli sposi a fornire le vesti agli invitati e questo Dio lo ha fatto con ognuno di noi, Lui ha provveduto le vesti necessarie per le grandi nozze dell’Agnello, sono vesti di salvezza e di giustizia.

“Io mi rallegrerò grandemente nell’Eterno, la mia anima festeggerà nel mio DIO, perché mi ha rivestito con le vesti della salvezza, mi ha coperto col manto della giustizia, come uno sposo che si mette un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli.” Isaia 61:10

Fin dalla genesi Dio si era preoccupato di rivestire la nudità dell’uomo e Dio aveva provveduto le prime vesti per coprire la vergogna a cui il peccato ci aveva esposti.

L’apostolo Paolo dice: “[…..] rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri”.(Ro 13:14)

A volte ci sembra difficile, ma non lo è perché l’atto espiatorio di Gesù ha ripristinato l’immagine di Dio in noi.

Anche se il nostro vestito si sporca Dio è disposto a rimbiancarlo nuovamente.

Un giorno Gesù ha lavato i piedi dei discepoli:“3Gesù, [……] 4 si alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. 5 Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli, e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto. 6 Si avvicinò dunque a Simon Pietro, il quale gli disse: «Tu, Signore, lavare i piedi a me?» 7 Gesù gli rispose: «Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo». 8 Pietro gli disse: «Non mi laverai mai i piedi!» Gesù gli rispose: «Se non ti lavo, non hai parte alcuna con me.” (Gi 13:3-8)

Lavare i piedi a qualcuno era segno di accettazione, quando un ospite entrava in una casa il padrone di casa lavava i piedi dell’ospite come segno di benvenuto.

Gesù ha manifestato la sua accettazione, lui ci accetta così come siamo, anche quando i nostri piedi sono sporchi, Lui non ci condanna, ma al contrario ci esorta ad andare a Lui.

L’apostolo Giovanni, ispirato dallo Spirito Santo, nella sua epistola ci rassicura: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto”. (I Gi 2:1)

 Molto presto Gesù ritornerà per rapire la sua Chiesa: “Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti per non andare nudo e non lasciar così vedere la sua vergogna”. (Ap 16:15),  e la Bibbia dice che: ” […..] due saranno nel campo; l’uno sarà preso e l’altro lasciato; due donne macineranno al mulino: l’una sarà presa e l’altra lasciata” (Mt 24: 40,41)

Dio non guarderà a nient’altro che alle nostre vesti, non si tratta di appartenere a una religione, non si tratta di avere fatto buone opere, non si tratta di essere stati sempre presenti, ciò che ci permetterà di entrare nel Regno sarà solo, semplicemente e unicamente una veste bianca.

Per questo Giovanni nell’ultimo libro della Bibbia sta ancora oggi gridando alle Chiese: “Custodisci le tue vesti! “

                                                                                                            Emanuele Campo e Pastore della CEBA CHURCH di Busto Arsizio VA. Ha conseguito il Bachelor in Studi Religiosi della University of Wales presso la Facoltà Pentecostale di scienze religiose in Bellizzi (SA). Ha collaborato con una missione interdenominazionale dal 1987 al 1998 acquisendo una formazione evangelistica. 

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TUTTE LE COSE COOPERANO AL BENE

Or noi sappiamo che tutte le cose che capitano a quelli che amano Dio, capitano per il loro bene. Parlo di quelli che sono chiamati secondo il suo piano prestabilito.  Da sempre Dio li ha conosciuti ed amati, da sempre li ha destinati ad essere simili a suo Figlio, in modo che Gesù fosse il primo di molti fratelli. Avendoci scelti, Dio ci ha chiamati a sé e quando ci siamo accostati a lui, siamo stati resi giusti e partecipi della sua gloria”. (Romani 8.28-30)

Io sono nato in Sicilia e, quando avevo solo un anno, con i miei genitori, ci siamo trasferiti in Germania, dove sono cresciuto.

I miei genitori erano persone religiose, superficiali nella conoscenza di Dio, ma mio zio frequentava una Chiesa evangelica e si convertì quando io avevo 10 anni, lui ci parlava di Gesù, ma io non conoscevo nulla di Dio.

Diventare evangelico in quei tempi era difficoltoso, si era considerati dei traditori e dei peccatori, al pari di una prostituta o di un ladro perché, secondo l’opinione pubblica, si tradiva la chiesa madre.

Mio zio ebbe molti problemi con i suoi genitori a causa della sua scelta religiosa e un giorno fu mandato via di casa, mio padre decise di andare a parlare con il pastore perché lo riteneva responsabile, ma quando entrò in quella Chiesa il suo cuore fu trasformato e in pochi giorni mio padre divenne evangelico e, dopo solo tre settimane circa, mentre insieme a una sorella pregavamo per benedire il cibo, il Signore battezzò con lo Spirito Santo mio padre, mio zio e  mia zia e per tutta la notte parlarono in lingue, anche se non sapevamo cosa fosse.

 Però nella vita le difficoltà non mancano, io ero nato strabico e dall’occhio destro non ho mai visto, ho subito un intervento chirurgico

ma 50 anni fa la medicina non era evoluta come adesso.

Mi ero comunque abituato a vedere con un occhio solo e vedevo bene con l’occhio sinistro, non sentivo la mancanza dell’occhio destro.

Il mio hobby, fin dalla mia giovane età, era la meccanica, io amavo le auto, amavo i motori, ogni tanto guidavo per pochi metri l’auto di mio padre, avendo premura che non se ne accorgesse, avevo questa passione, quando ho terminato le scuole d’obbligo il mio progetto era diventare un meccanico, volevo riparare le auto. Ma nel “76 qualcosa di sconvolgente accadde nella mia vita.

Eravamo in Sicilia per le vacanze estive, un giorno mi trovavo vicino a una fontanella, accanto a me c’erano dei ragazzi che stavano giocando con delle siringhe, scherzavano tra di loro spruzzandosi l’acqua, uno di loro, dopo aver riempito la siringa di acqua si è avvicinato a me per spruzzarmi, ma la siringa aveva un ago e, senza rendercene conto, l’ago è volato via e, in un batter d’occhio, si è infilato nel mio occhio sinistro, l’unico occhio che mi permetteva di vedere, ho perso completamente la vista.

In un momento la mia vita è cambiata completamente e ha preso tutta un’altra direzione. Avevo 16 anni.

Dovetti immediatamente dire addio ai miei sogni, abbandonare il mio progetto di meccanica, mettere da parte il desiderio di poter guidare  un auto, di avere la patente, tutto ciò che potevo permettermi era una bicicletta e dopo un po’di tempo, una vespa.

Mi sono sentito un uomo inutile.

Il Signore mi incoraggiava attraverso i medici che mi sollecitavano a forzare l’cocchio che fino a quel momento era stato pigro e, piano piano, iniziai a recuperare un po’di vista, cominciavo a leggere i titoli del giornale, poi i testi con la scrittura un po’ più piccola, miglioravo e ogni anno facevo controlli, comunque era impensabile una guarigione, la mia vista sia era fermata a quattro decimi.

Due anni fa la legge che regolava la guida di motocicli è stata modificata, non era più consentito guidare una vespa senza aver conseguito un patentino, sapevo che non avrei potuto averlo a causa della mia insufficienza visiva, ma volevo provarci e mi sono recato in un scuola guida naturalmente, quando ho fatto gli esami oculistici, il dottore ha distrutto ogni speranza e mi ha detto: “mi dispiace, per legge bisogna avere almeno otto decimi, se almeno ne avesse avuto sette io l’avrei aiutata, ma lei ne ha solo quattro, non posso proprio aiutarla” Non mi restava altro che riprendere la bicicletta e a quel punto mi sono detto, “se non altro  mi servirà per tenermi in forma”.

Dopo circa due settimane avevo la prenotazione per fare il controllo annuale della vista, il dottore mi esamina la vista come ogni anno e, dopo aver accuramene controllato, inaspettatamente attesta: ”La sua vista è a posto lei ha 9 decimi

Come poteva essere possibile, non riuscivo a crederci, solo due settimane prima l’oculista mi avevano lasciato senza speranze.

Entusiasta di questa fantastica e insperata novità mi sono iscritto alla scuola guida, il Signore mi ha dato l’intelligenza e in un mese ho superato l’esame, in casa c’era già un auto perché mia moglie guidava e così finalmente ho visto realizzato il mio sogno, potevo guidare un auto. In seguito ho conseguito anche la patente A, grazie a Dio.

Dio non dimentica le nostre preghiere, Dio risponde sempre, non ci lascia delusi, Lui ascolta e risponde, non risponde sempre come noi vogliamo o quando noi vogliamo, ma risponde sempre.

Io tante volte mi sono domandato: ”Signore perché mi è accaduto questo?” e la Bibbia mi ha risposto: “Or noi sappiamo che tutte le cose che capitano a quelli che amano Dio, capitano per il loro bene.”

Oggi sono qui, quello che conta è questo, tutto quello che è successo alla fine mi ha portato qui, nella grazia di Dio. Dio ci ama.

Amare significa dare e “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato[….] (Gì 3:16) . Ha tanto amato questo mondo che meritava solo giudizio, solo il castigo, perché, come dice la Bibbia ”non c’è nessun giusto neppure uno” (Ro 3:10) eppure Dio ci ha aiutato.

Cosa faremmo noi con una cassetta di mele marce? Naturalmente la butteremo via perché non serve a niente,  Dio però non ci ha rigettato,  ma ci ha dato una seconda possibilità mandando Gesù sulla croce per caricarsi dei nostri peccati e renderci giusti davanti a Dio.

Quale è lo scopo? La salvezza?

Certamente, ma non è l’unico scopo, se fosse l’unico scopo Dio ci avrebbe portato in cielo subito, invece ci ha lasciato sulla terra.

Anche il servizio non è l’unico scopo, noi potremmo servirlo, fare le Sue opere e non essere riconosciuti da Gesù. “Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiam noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demonî, e fatte in nome tuo molte opere potenti? E allora dichiarerò loro: Io non vi conobbi mai; dipartitevi da me, voi tutti operatori d’iniquità. (Matteo 7: 22,23)

C’è un altro obiettivo che Dio vuole realizzare nella nostra vita: “perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo [……]” (Ro 8:29)

Essere conformi all’immagine di Suo Figlio, questo è il desiderio di Dio, ristabilire in noi quell’immagine che il peccato ha deturpato.

Non possiamo limitarci solo a fare le opere, il mondo ha bisogno di amore, è necessario essere simili a Cristo, e manifestare il Suo carattere, le Sue compassioni, la sua umiltà.

Gesù quando chiama i suoi discepoli impone delle precise condizioni “Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. (Mt 16:24) . Lui, per aiutarci è stato disposto a lasciare il trono, a spogliarsi della Sua gloria, a nascere in una famiglia insignificante, figlio di un falegname, in un paesino insignificante di una nazione insignificante, addirittura in una stalla, divenendo amico dei pubblicani e delle prostitute.

Dobbiamo essere disposti a seguirlo anche quando ci costa, disposti al cambiamento, disposti a rinnegare noi stessi per poter dire come l’apostolo Paolo ha detto: “[….] non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!. “(Ga 2:20)

Le circostanze difficili hanno questo scopo, contribuiscono alla nostra crescita, alla nostra trasformazione, quindi cooperano al nostro bene.

E mentre noi siamo attratti da ciò che ci rende ricchi, l’obbiettivo di Dio è renderci forti.

Chi accetta di passare attraverso le difficoltà senza lamentarsi ha realizzato quella verità biblica scritta in Romani 8:37: “Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati”, la Scrittura qui dice che non siamo solo vincitori, ma siamo più che vincitori perché non abbiamo combattuto, non abbiamo pagato nessun prezzo, ma condividiamo la vittoria di Colui che combattuto e ha vinto per noi.

Gesù è il nostro Pastore e anche quando camminiamo nella valle dell’ombra della morte, non dobbiamo temere nulla, come dice il salmo 23, perché Lui è con noi e lo sarà sempre; in ogni difficoltà Egli continuerà a guidarci e a difenderci e alla fine potremmo sicuramente attestare: “ogni cosa ha cooperato al mio bene”.

Past. Alberto Toto

N/A

SI UN VERO TESTIMONE

Se siamo veri testimoni saremo diversi. 

“Or Mosè, quando scese dal monte Sinai [……….] non sapeva che la pelle del suo volto era divenuta raggiante, perché era stato a parlare con l’Eterno. 30 Così, quando Aaronne e tutti i figli d’Israele videro Mosè, ecco che la pelle del suo volto era raggiante ed essi avevano paura di avvicinarsi a lui. (Esodo 34: 29,30) 

La presenza del Signore aveva cambiato l’aspetto di Mosè, il suo viso raggiante testimoniava che era stato alla presenza di Dio.

Una vita risplendente è la vera testimonianza perché indica che siamo stati realmente alla presenza del Signore, indica che il cambiamento  è reale.

Una trasformazione reale e visibile testimonia della potenza di Dio e della Sua realtà più di quanto ci aspettiamo, gli altri vedono e credono.

Se siamo veri testimoni saremo riconoscibili.

Ora, mentre essi (Pietro e Giovanni) parlavano al popolo, i sacerdoti, il comandante del tempio e i sadducei piombarono su di loro, 2 indignati perché ammaestravano il popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti.  […..]  13 Or essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni e avendo capito che erano uomini illetterati e senza istruzione, si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù”. (Atti 4:1).

Pietro e Giovanni furono riconosciuti dagli oppositori come seguaci di Cristo, non fu necessario che testimoniassero di loro stessi, ma la fu la loro sapienza a testimoniare di loro.

Se siamo veri testimoni saremo come uno specchio.

Lo specchio testimonia sempre la verità perché riflette esattamente ciò che vede. Gli altri devono poter vedere Cristo in noi, dobbiamo rifletterLo così come farebbe uno specchio, chi guarda noi deve vedere Colui che abita in noi: le Sue virtù, la Sua bontà, longanimità, la Sua misericordia, il Suo amore. Questa è vera testimonianza, non più noi, ma Cristo in noi.

Se siamo veri testimoni saremo portatori di luce.

Gesù ha detto di noi: 14 Voi siete la luce del mondo, una città sul monte che risplende nella notte, affinché tutti la vedano. 15 Come non si nasconde una lampada accesa, così non nascondete la vostra luce! Lasciate che risplenda per tutti, affinché tutti vedano le vostre buone opere e possano lodare vostro Padre che è nei cieli.” (Mt 5:14-15)

La funzione della luce è quello di illuminare i luoghi tenebrosi e, poiché noi siamo la luce, il nostro compito è illuminare questo mondo di tenebre, siamo quella luce che non deve essere mai nascosta “E nessuno, accesa una lampada, la copre con un vaso o la mette sotto il letto, ma la mette sul candeliere, affinché coloro che entrano vedano la luce”.( Luca 8:16)

Se siamo veri testimoni testimonieremo dovunque.

Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e fino all’estremità della terra”. (Atti1:8)

Testimoni prima in Gerusalemme, significa testimoni prima di tutto nella propria casa, tra le mura domestiche, perché la casa è il luogo dove siamo veri, dove siamo autentici, dove non vestiamo abiti di apparenza, dove le maschere cadono e ci riveliamo per quello che in realtà siamo. Non saremo credibili se siamo testimoni di Cristo in mezzo agli altri senza esserlo prima di tutto nella nostra propria casa.

 Testimoniare significa raccontare ciò che abbiamo visto e udito, l’apostolo Paolo quando venne interrogato in merito al cambiamento della sua vita e della sua fede rispose: 1 Fratelli e padri, ascoltate quello che sto per dirvi in mia difesa». […..]prima di entrare a Damasco, ecco che improvvisamente una gran luce venne dal cielo.7 Caddi a terra, e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Io chiesi: “Chi sei, Signore?” “Sono Gesù di Nazareth, quello che stai perseguitando”, rispose la voce. 9 Gli uomini che erano con me avevano visto la luce, ma non sentirono la voce che mi parlava. 10 “Che devo fare, Signore?” domandai allora. E il Signore mi disse “Alzati e va’ a Damasco, là ti sarà detto tutto quello che voglio da te”. (Atti 22:1,7-10)

Paolo aveva visto e udito e  poteva essere un testimone, anche se non era un discepolo della prima ora.

E’ necessario comunque che la testimonianza sia sempre convalidata. Nel vecchio testamento la testimonianza di un solo testimone non era considerata, erano necessari almeno due testimoni affinché la testimonianza fosse ritenuta valida e attendibile.

Oltre a ciò la vera testimonianza ha bisogno di un altro elemento: l’unità

Quando Gesù fu portato nel sinedrio per essere giudicato furono ascoltati dei testimoni che lo accusarono e, anche se questi erano più di uno, la loro testimonianza non fu verace, non lo fu nel mondo spirituale, perché mancava l’unità, i testimoni non erano in accordo, si contraddicevano, non erano uniti.

La vera testimonianza, per essere credibile, deve essere quella di almeno due testimoni, testimoni che siano in accordo.

La testimonianza dei credenti è l’accordo, è l’unità, è quell’amore che viviamo e manifestiamo gli uni per gli altri, quell’amore straordinario che ci lega con legami che niente e nessuno può sciogliere, nonostante siamo diversi, abbiamo opinioni diverse, convinzioni diverse, caratteri diversi.

Gesù ha affermato: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri». Giovanni 13:35

Lo Spirito Santo è stato sparso sulla Chiesa e ha creato l’unità e, in virtù di questa unità e di questo amore, la Chiesa può testimoniare con potenza fino ai confini del mondo,  “[….]quando lo Spirito Santo verrà su di voi mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e fino all’estremità della terra».  (Atti1:8)

E’ necessario ricercare questo amore, come scritto in 2 Pietro:“5 Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete[…..]; 7 alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore”(2 Pietro 1:5-7)

Sii un vero testimone, perché la testimonianza è preziosa, non ha soltanto un valore terreno, ma produce un effetto anche nel mondo spirituale, non è solo un racconto, o un’esperienza, è la vittoria della Chiesa.

In Apocalisse 12 dice: “10 [….] è stato gettato sulla terra l’accusatore dei nostri fratelli, quello che giorno e notte li accusava davanti a Dio. 11 Ma essi l’hanno vinto per il sangue dell’Agnello, e per la parola della loro testimonianza.”

La nostra vittoria è : IL SANGUE DI GESÙ E LA NOSTRA TESTIMONIANZA!.

Continuiamo ad essere uniti, continuammo ad essere fedeli a Dio e alla Sua casa, come lo fu Gesù.

 “Mosè fu fedele in tutta la casa di Dio come servitore per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunciato, 6 ma Cristo lo è come Figlio, sopra la sua casa; e la sua casa siamo noi se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo.” (Ebrei 3:5)

Elia Scalcione

N/A

LA PREGHIERA DI JABETS

“Jabets fu più onorato dei suoi fratelli; sua madre l’aveva chiamato Jabets, perché diceva: «L’ho partorito con dolore». 10 Jabets invocò il DIO d’Israele, dicendo: «Oh, se tu mi benedicessi e allargassi i miei confini e la tua mano fosse con me e mi preservassi dal male sì che io non abbia a soffrire!». E DIO gli concesse ciò che aveva chiesto”. (1Cronache 4:9,10)  

E’ una delle preghiere più brevi, ma anche una delle più potenti che troviamo nella Bibbia.

Jabets è un uomo sconosciuto nella Bibbia, non è nella lista dei grandi uomini di Dio, non è considerato importante come Mosè , Eliseo, Davide, o come gli Apostoli, non è menzionato tra i campioni della fede di Ebrei 11, lui non è un uomo popolare.

Anche le parole della preghiera non sono parole particolarmente singolari, non sembrano importanti o incidenti, non attirano la nostra attenzione, ciò che attira la nostra attenzione è  invece il risultato di questa preghiera, ciò che è assume importanza è la risposta che Jabets ottiene dal Signore “Dio gli concesse quello che aveva chiesto”.

Inserita in un contesto dove la figura di quest’uomo emerge inaspettata tra l’elenco interminabile di genealogie e di nomi sconosciuti ,

sembra quasi che lo Spirito voglia proprio evidenziare la potenza della preghiera.

Non è una preghiera come quella fatta da Salomone per il tempio, o da Neemia per la ricostruzione delle mura di Gerusalemme, ne’ come quella formulata di Daniele per il popolo, la preghiera di Jabets manifesta tutta la potenza di Dio a favore di un uomo che cerca la Dio.

La preghiera di Jabets serve a ricordare a tutti noi che Dio risponde alla nostra preghiera, che i cieli sono aperti sul popolo pentecostale, che Dio continua ad ascoltare il grido della Chiesa, che Dio continua ad operare miracoli.

Un giorno sono andato in Costa d’Avorio dovevo predicare in una Chiesa della capitale Abidjan.

Al mattino alle 7, insieme a un gruppo di fratelli, ci siamo preparati per andare al culto e mentre ci avviciniamo al luogo di culto sentiamo un boato sempre più forte, oltrepassando un muro vedo una folla di circa 3.000 persone, erano credenti ripiene di Spirito Santo, tutti glorificano e benedicevano il nome del Signore, mi sono meravigliato perché questi credenti stavano vivendo una grande persecuzione in quel periodo.

Il pastore mi invita nel suo ufficio a bere un caffè e mi racconta che durante la guerra le Chiese si erano svuotate, il consiglio generale di Chiesa si era riunito per decidere cosa fare e un fratello alzando la mano aveva proposto: “ una sola cosa bisogna fare, dobbiamo digiunare e cercare il Signore affinché Dio si manifesti”

Il Consiglio di Chiesa accetta la proposta e invia una circolare a tutte le comunità, tutti aderiscono, vengono allora costituiti intercessori a tempo pieno nelle comunità, fratelli che dalle 22 di sera alle 7 del  mattino sono  impegnati sol esclusivamente nella preghiera .

Intanto i ribelli islamici fondamentalisti prendono possesso del governo e il presidente, un fratello, è costretto a scappare, la situazione sembra peggiorare, gli islamici attaccato le Chiese pentecostali, arrivavano ai locali di culto con le camionette, armati di bombe a mano e fucili, poi scendevano a piedi e aspettavano che il popolo di Dio inizi a pregare per sparare e lanciare bombe contro di loro, ma un giorno è accaduto qualcosa di straordinario, mentre il popolo adorava Dio, gli islamici sono arrivati e hanno cominciato a lanciare le granate sui credenti, ma questa volta sembravano non funzionare, continuavano a cadere a terra senza esplodere, anche i fucili sembravano incepparsi quel giorno, quando gli islamici tentavano di sparare sui credenti i grilletti si bloccavano, ma quando puntavano il fucile verso l’alto questi ritornavano a funzionare perfettamente, di fronte a questo gli islamici e si sono convertiti a Dio, il Signore li ha salvati, Dio ha manifestato la sua gloria con guarigioni  e battesimi di Spirito Santo.

La preghiera cambia la storia.

La preghiera di Jabets  parla di quattro richieste.

Le prime due sono volte a una liberazione fisica, Jabets chiede di essere di liberarlo dal dolore; le altre che ci parlano della sua relazione con Dio, Jabets chiede la benedizione di Dio e la Sua protezione nella sua vita.

Questa preghiera va al di là di ogni barriera ecclesiastica, Jabets non prega per gli altri o per il mondo ma per se’ stesso, non prega per un risveglio o per gli ammalati, non prega per le anime e neanche per la fame che c’è nel mondo, lui prega solo per se’ stesso: ”Benedicimi Signore”, non è una preghiera egoistica, ma viene da un cuore che ha bisogno di incontrarsi con Dio, Jabets era un uomo che viveva nella sofferenza, in una situazione difficile, e lui sa che solo il Signore può cambiare la sua vita, lui realizza il suo bisogno di Dio.

Gesù, parlando della preghiera ha detto: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto perché’ chiunque chiede riceve , chi cera trova e chi bussa sarà aperto” Mt 7:7

Un giorno mi trovavo in una Chiesa in Costa D’Avorio e il pastore mi ha raccontato un episodio che era accaduto la domenica precedente:
Mentre predicavo” mi disse “ abbiamo sentito delle grida, i pastori e gli anziani sono andati a vedere cosa stesse  succedendo, in fondo alla chiesa c’era una donna paralitica, una  mussulmana che continuava a  invocare il Signore e il Signore la stava guarendo e battezzando nello Spirito Santo, la mano di Dio l’aveva raggiunta e  il suo corpo era  stato totalmente guarito e lei saltava di gioia e ringraziava il Signore”.

Innanzitutto il nome Jabets vuol dire dolore, la mamma lo chiamò così perché Jabets significa “l’ho partorito con dolore”.

La Bibbia non lo dice, ma probabilmente Jabets era storpio, oppure aveva una malattia, sicuramente era un uomo che soffriva, forse era escluso dai fratelli, abbandonato, dimenticato;  la vita di Jabets è iniziata male, è una vita triste, la stessa vita di tanti uomini e donne che vivono senza Dio, una vita di dolori, continuamente nell’angoscia, una vita  senza pace, Giobbe al capitolo 22 verso 21 esorta:

Riconciliati dunque con Dio; avrai pace, ti sarà resa la prosperità”.

Ma Jabets a un certo punto della sua comprende che deve pregare: “Signore allarga i miei confini”, in altre parole “Signore, rimuovi i limiti  tutto quello che non riesco a fare tu lo conosci, là dove sono limitato tu lo sai, allarga i mie confini, opera in me, fai tu nella mia vita, prendi controllo della mia vita”.

Ci sono alcuni che non permettono a Dio di andare oltre con la loro vita perché vivono un cristianesimo limitato, i cosiddetti  “cultisti”, che vivono solo di culti, pregano e ascoltano la Parola solo in Chiesa, solo la domenica, nella loro vita manca  il rapporto con Gesù, la comunione con Lui e il risultato è che questi credenti non riescono a sperimentare la potenza di Dio nella loro vita.

Alcuni addirittura peccano, si ribellano, trasgrediscono senza neanche chiedere perdono a Dio.

Dio vuole allargare i nostri confini, operare nelle nostre debolezze, operare nei nostri cuori, allargare la Sua opera in noi.

A volte nella nostra vita ci sono limiti determinati dalle malattie, dalle tentazioni, dai dolori, dacircostanze che ci possono fermare, limitare e, nonostante i desideri siano buoni, noi possiamo impedire a Dio di trasformarci perché  restiamo imprigionati nelle situazioni.

Altre volte ci sono dei sentimenti che si ritraggono nel nostro cuore verso fratelli, genitori, amici, a causa di amarezze, di mancanza di perdono, ci sono territori spirituali che si perdono, abbiamo bisogno di fare la preghiera di Jabets: “Signore allarga  mie confini  fammi riconquistare ciò che ho perso fammi riconquistare quell’ affetto che non provo più “

Dobbiamo andare alla croce, è solo lì che il diavolo è stato sconfitto, lì i peccati sono stati perdonati, le malattie spirituali guarite, alla croce e solo alla croce siamo rialzati.

Jabets mette interamente la sua vita nelle mani di Dio.

“Sia la tua mano con me preservami dal male”, lui  non chiede un aiuto temporaneo, molti credenti cercano Dio solo quando si trovano  nel bisogno. Dio deve occupare il posto più importante nel nostro cuore, deve essere più importante di ogni altra cosa, di ogni altra persona, più importante della propria famiglia, più importante della nostra stessa vita, e solo quando realizziamo le giuste priorità accediamo alla sfera del soprannaturale e vediamo la manifestazione della gloria di Dio.

Jabets desiderava essere uno strumento di Dio.

Due anni fa ho incontrato un fratello carissimo un missionario il quale mi disse: ”Antonio ci dobbiamo abbracciare perché probabilmente non ci vedremo più, parto per una zona dove c’è molta persecuzione e sento nel  mio cuore che non tornerò indietro”

Dopo un anno l’ho rivisto e lui mi raccontato la sua storia in quel paese: “Per molti mesi abbiamo provato a distribuire volantini in quel paese, ma nessuno si fermava, anzi, quando sentivano il nome di Gesù tutti scappavano, per quattro cinque mesi abbiamo continuato nonostante l’insuccesso, ma una sera ero veramente scoraggiato e alle 3 di notte piangevo e pregavo: ”Signore probabilmente non era io lo strumento adatto, ritorno indietro, ho fallito” mentre pregavo all’improvviso sentii bussare violentemente alla porta, ebbi paura,  pensai che stavano venendo a prendermi per uccidermi, apro e vedo una donna con un bambino di 6 mesi tra le braccia, aveva percorso due chilometri per raggiungermi, il bambino era freddo, era morto  e lei mi dice:” Tu mi hai detto che il tuo Dio è vivo voglio vedere adesso”, abbiamo iniziato a pregare, la prima ora non è accaduto niente, dopo due ore non era ancora accaduto niente, ma il mio amico missionario non si è fermato e alla terza ora, mentre la donna era straziata, io sento il suo grido, il bambino era risuscitato, la potenza di Dio era scesa sulla vita di quel bambino, la donna prende tra le braccia il suo bambino e vuole scappare via, ma io l’ho fermata e abbiamo pregato per la salvezza della donna, il Signore l’ha battezzata di Spirito Santo e lei è ritornata  nel villaggio e ha testimoniato della resurrezione, per mezzo di quella testimonianza, l’intero villaggio si è convertito al Signore, in seguito un villaggio dopo l’altro ha riconosciuto la potenza di Dio e tutti si sono convertiti, si è manifestato un potente risveglio, ora in quella zona c’è una comunità di  900 membri.

La vita di Jabets era iniziata male, iniziata nel dolore e nella sofferenza, ma quando lui si presenta a Dio tutto diventa straordinariamente diverso. “Iabes fu più onorato dei suoi fratelli “Un inizio tragico, ma una fine è gloriosa.

Jabets non era un umo importante, non era un uomo celebre e le parole della sua preghiera non erano parole importanti non erano celebri, ma ciò che fu importante, ciò che fu celebre e che rimane celebre ancor a oggi fu la risposta di Dio alla sua preghiera:

“Dio gli concesse quello che aveva chiesto”.

Past. Antonio Imbimbo

 

N/A

DIO HA CURA DELL’UOMO

Fin dall’inizio del “900 i bisogni dell’uomo sono stati oggetto di studio di comportamentisti e sociologi e gli uomini li hanno inseguiti identificandoli spesso con ricchezze, prestigio e successo.

Ma Dio conosce l’uomo e sa che la necessità dell’uomo non consiste nell’accumulare ricchezze e neanche nella posizione sociale che può occupare.

Ma allora quali sono i nostri veri bisogni?  Cosa dice la  Bibbia in merito?

Guardiamo alla vita di Davide.

Davide, quando era ancora molto giovane era stato scelto da Dio, designato per ricevere l’unzione.

Davide era il più piccolo tra i sette figli di Isai, e non era molto considerato in famiglia, viveva una condizione di discriminazione all’interno della sua famiglia.

Un giorno a casa di Isai arriva il profeta Samuele, inviato da Dio per ungere Davide, Davide non c’era, stava pascolando le pecore, ma c’erano tutti i suoi fratelli e Samuele stava per versare l’unzione su uno di loro, pensando che fosse il prescelto da Dio, ma Dio lo ferma. L’unzione era riservata a Davide e Davide la riceve tre volte in tre occasioni.

Davide riconosce che quell’unzione è stata con lui nei momenti più difficili, che è stato il suo aiuto, riconosce che, per l’efficacia di quell’unzione, lui ha vinto Goliath, il gigante contro il quale non avrebbe mai potuto trionfare con le sue sole forze, riconosce che,  per l’efficacia di quell’unzione,  è riuscito a sfuggire alla spietata persecuzione e alle minacce di morte del re Saul.

Per questo, quando Davide peccherà di adulterio e di omicidio, in quel tragico momento in cui perderà la presenza di Dio, perderà la forza e la gioia, supplicherà Dio per ottenere il Suo perdono e ritrovare quello Spirito,  quell’unzione così preziosa che sembra ormai persa:

“7 Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà”, scriverà nel salmo 51 “nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti.8 Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia, ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate. 10 O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo.11 Non respingermi dalla tua presenza e non togliermi il tuo Santo Spirito.12 Rendimi la gioia della tua salvezza”.  

Davide sa che quell’unzione che ha ricevuto è stata necessaria per la sua difesa davanti alle sfida del gigante, sa che quell’unzione che ha ricevuto è stata indispensabile per la sua incolumità davanti alle minacce di Saul, e sa che ora è vitale davanti alla sua debolezza, urgente per poter rialzare il capo e udire nuovamente i canti di gioia e di letizia.

Davide si rende conto che Dio ha dato valore alla sua vita e che gli ha anche dato una posizione di onore e regalità, che Dio ha preso cura della sua vita. Davide scriverà il salmo 8:

 […..] 3 Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, 4 che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura? 5 Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l’hai coronato di gloria e d’onore. 6 Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani, hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi: 7 pecore e buoi tutti quanti e anche le bestie selvatiche della campagna; 8 gli uccelli del cielo e i pesci del mare, tutto quel che percorre i sentieri dei mari.”

Il salmo 8 è un salmo che evidenzia il valore che Dio attribuisce all’uomo e Davide si domanda perché l’uomo è così importante per Dio? “che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?”. L’uomo è l’unica creatura di Dio fatta a Sua immagine, un’immagine che Lui ha impresso dentro di noi, anche se poi n seguito al peccato questa immagine è stata macchiata, corrotta e adulterata.

Ma il salmo 8 evidenzia anche la posizione che Dio conferisce all’uomo “Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l’hai coronato di gloria e d’onore. Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani” una posizione di dignità, di regalità, di gloria, e onore.

Ma Davide non era l’unico che aveva compreso la cura di Dio, ci sono stati altri esempi nella Bibbia come quello di Giuseppe, che ancora ragazzino fu rigettato e venduto dai suoi fratelli, portato in Egitto dove rimase schiavo per anni, ma Dio alla fine innalzò facendolo diventare vice faraone dell’Egitto. Anni terribili di  sofferenza e ingiustizie, ma Dio aveva preso cura di lui, gli aveva dato l’unzione per continuare a credere e a sperare e per perdonare i suoi fratelli . Genesi 50:20

Altri uomini come Daniele, Sansone, ecc. di cui Dio aveva preso cura, unti da Dio per dominare le situazioni, hanno potuto dire insieme a Davide:

[…] ”che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?  Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l’hai coronato di gloria e d’onore. Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani, hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi

Anche noi come Davide abbiamo ricevuto l’unzione del Suo Spirito, anche noi come Davide godiamo della cura di Dio, una cura che riconosciamo facilmente quando pensiamo alla croce, al dono di Gesù che Egli ci ha fatto per il perdono dei peccati; una cura che riconosciamo facilmente quando pensiamo ai fratelli e alle sorelle che Dio ci ha donato capaci di icoraggiarci e sostenenrci nei momenti difficili; ma non sempre riconosciamo la cura di Dio quando pensiamo al dono dello Spirito Santo perché non ne comprendiamo sempre l’efficacia, pensiamo erroneamente che quell’unzione sia stata versata su di noi solo per compiere opere soprannaturali, invece ci è stata elargita in quanto potenza per affrontare le situazioni difficili, per vincere combattimenti, conflitti, paure, amarezze che spesso si insidiano nella nostra mente, per vivere una vita vittoriosa caratterizzata dalla gioia e dalla pace, per rialzare il capo quando tutto sembra perso, per formare il carattee di Cristo in noi.

Se non c’è unzione nella nostra vita il nostro cuore continuerà ad essere irritabile, impaurito, il nostro carattere immutabile, e quell’immagine di Dio in noi continuerà ad essere corrotta, solo l’unzione dello Santo Spirito può trasformare la nostra vita.

Dio ci conosce, Lui sa che le ricchezze materiali, il prestigio sociale, il successo mondano, non sono il nostro vero bisogno, quello di cui abbiamo veramente bisogno è l’unzione del Suo Santo Spirito, quell’unzione che quando siamo tristi può farci udire ancora i canti di gioia, quando abbiamo attitudini carnali può purificare il nostro cuore e quando siamo stanchi può rinnovare dentro di noi uno spirito ben saldo, l’unzione che ci fa sentire ancora la Sua dolce consolante e rassicurante presenza e ci rende la gioia della Sua salvezza.

L’apostolo Paolo in atti 14:17 parlando di Dio a una folla di pagani ha dichiarato: “Dio non ha lasciato gli uomini privi della Sua testimonianza”

Allora chiediamoci:  “Ma qual è la Sua testimonianza? Come ha testimoniato Dio di sè stesso?

Il verso continua: ”facendo del bene, mandandovi dal cielo pioggia e stagioni fruttifere, dandovi cibo in abbondanza, e letizia nei vostri cuori”

Una buona salute fisica e una buona salute mentale, questi sono i nostri bisogni e questo è ciò che Dio realizzerà nella vita di quanti hanno compreso la cura di Dio.

                                                                                                              Emanuele Campo e Pastore della CEBA CHURCH di Busto Arsizio VA. Ha conseguito il Bachelor in Studi Religiosi della University of Wales presso la Facoltà Pentecostale di scienze religiose in Bellizzi (SA). Ha collaborato con una missione interdenominazionale dal 1987 al 1998 acquisendo una formazione evangelistica. 

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